Pasqualina Ferrentino, in arte Belluzza Vergara, nasce il 15 maggio del 1943 a Como, perché suo padre Guglielmo, capitano della Guardia di Finanza, ha il comando della compagnia di Olgiate Comasco. Uno zio la chiama per la prima volta Belluzza, forse in risposta al padre che la chiamava “bruttuzza”: d'ora in poi da tutti è conosciuta così. Ai due anni passati al Nord risalgono alcuni suoi ricordi ben vividi, anche se piccolissima, perché Belluzza ha avuto una memoria stupefacente, molto fuori dall’ordinario. Siamo nel ’45, il cibo scarseggia e la bambina prende ad andare dai contadini vicini di casa per avere un piatto di latte e polenta di una "bontà indimenticabile". È timida, ma curiosa e gentile. La sua timidezza è sopraffatta dal suo interesse verso gli altri che la spinge ad avvicinare le persone con empatia e curiosità. Sa parlare con tutti e di tutto. Le resta facile perché è intelligente e creativa e così, con la sua fantasia, va arricchendo sempre di più il suo mondo interiore che con la sua memoria straordinaria riesce a rendere più stabile del mondo reale. A 4 anni, è già capace di leggere. Una passione, quella per la lettura, che la accompagerà per tutta la vita, insieme a una naturale inclinazione verso ciò che è bello.
Gli anni felici con il nonno
Alla fine del 1945 il padre viene trasferito al comando della Compagnia di Pisa. Qui Belluzza rimane sette anni, ricordati da lei come i migliori della sua vita. Trascorre molte estati della sua infanzia e adolescenza a Marina di Pisa e poi a Tirrenia, dove i suoi genitori hanno una villa. Proprio nei bagni di Tirrenia sono ambientati molti dei suoi quadri. Con l’amato nonno paterno, originario di Nocera inferiore (Avellino), fa lunghe passeggiate fino al Duomo di Pisa oppure fino al Ponte di Mezzo. La presenza della Torre pendente in tanti suoi quadri è dovuta a quei ricordi: è la Pisa della sua infanzia felice. «Con il nonno ero felice. A 9 anni  se n’è andato, e con lui la mia allegria; è tornata solo con Isabella, compagna di giochi e di favole». Isabella è la sua unica figlia, nata nel 1974 e presente, se pur trasfigurata, in tanti suoi quadri. Anche il nonno è presente con lei in un suo quadro. 

Con il nonno (1980).

La prima scatola di acquarelli
Alla fine del ’52 il padre viene trasferito a Lecce, comandante in seconda. È un brutto segnale per la famiglia, perché significa che non sarà promosso e dovrà uscire ancora giovane dal servizio che tanto ama. Il clima in casa non è dei migliori. A Lecce, però, alcuni amici dei genitori regalano alla bambina una scatola di acquarelli e tutto il necessario per dipingere. Inizia la sua passione per la pittura. Come molte ragazzine, però, vorrebbe anche fare teatro. Le piace l'idea di impersonare vari personaggi. Si esercita davanti allo specchio con le poesie di Garcia Lorca e di Cesare Pavese. Ne ’52 quando Vittorio Gasmann porta a Lecce l’Amleto, convince il padre a portarla nel suo camerino per conoscere l’attore, allora trentenne, e ne rimane affascinata. Nel ’55 scrive all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico per essere ammessa ai loro corsi, ricevendo una risposta positiva. Riesce a convincere la madre ad accompagnarla a Roma, ma quando ne parlano al padre viene giù il finimondo. È l’unica volta che lo vede fuori di sé, urlante che non le avrebbe più riprese in casa se avessero osato partire. Il sogno svanisce, ma le rimene sempre il rimpianto per quella possibile vita avventurosa. Vedendo in seguito la vita difficile dei vecchi attori capirà la reazione del padre. Tornata a Pisa nel ‘56, affronta negli anni dell'adolescenza una grave crisi depressiva a causa della difficoltà a scuola, probabilmente dovuta a un disturbo di discalculia non diagnosticato, e della situazione familiare, con il padre in pensione a fine carriera, anche se poi si rilancerà brillantemente come tributarista e commercialista. Belluzza viene curata con i primi psicofarmaci e con innovative sedute di psicoterapia del prof. Sarteschi, padre della Psichiatria a Pisa. L'esperienza, lascerà un segno nel suo immaginario. Ricorderà sempre quelle settimane in cui gli amici la andavano a trovare e lei ne approfittava per farsi portare riviste e sigarette. Prenderà alla fine il diploma Magistrale e si iscriverà alla facoltà di Lingue, dove svilupperà una vera e propria passione per la letteratura francese, e in particolare per il suo amato Proust.

Miss Cinema
Belluzza fin da ragazzina si diverte a fare caricature di amici e conoscenti. Riempie album di schizzi. Ama stare in compagnia e organizzare scherzi ai danni di macapitati amici. La sua bellezza non passa inosservata. Sedicenne, viene premiata a un concorso di miss cinema. È andata così: i giovani in vacanza vanno a ballare al Tennis di Tirrenia e una sera c’è anche la giuria che deve assegnare il premio scegliendo tra le ragazze che ballano. Viene scelta lei e così diventa nota per la sua bellezza. Nel 1961 il regista e attore Maximilian Schell, a Tirrenia per girare I sequestrati di Altona con la regia di Vittorio De Sica, si fissa con lei. Al bagno Mary si sente la sua voce che la chiama "Belluzza, Belluzza". Costringe la sorella Maria a invitarla ad una festa nella villetta dove sono sistemati e Belluzza ci va dopo aver consultato persino il parroco. Ma è solo un fuoco di paglia.
I primi quadri a olio
Alla fine degli anni ’50 Belluzza frequenta il pittore e insegnante di disegno Giordano Viotto, detto Dani, più grande di lei di 20 anni. Lui la ritrae in alcuni quadri e in artistiche fotografie. Anche se talvolta le fa stendere i fondi, la pittura di Viotto non ha alcuna influenza su di lei, mentre in quegli stessi anni Belluzza conosce i quadri e le litografie di Giuseppe Viviani, che le piacciono molto. Comincia a dipingere a olio su piccole tele. Il suo primo quadro, realizzato con soli tre colori, sorprende ancora nella sua semplicità. Lo dipinge per un concorso che poi vincerà.

Il suo primo quadro, realizzato in tre colori. 1962-65

Gli anni di Luzzara tra i Naïfs
Alla fine degli anni ’60, comincia a scrivere articoli per l’inserto di Pisa del giornale La Nazione. Ma il giornalismo non è nel suo destino. Nel 1969 sposa Roberto Vergara Caffarelli, un giovane professore di Fisica dell’Università di Pisa. Il matrimonio rappresenta una svolta, perché la ragazza decide che la sua attività lavorativa per la nuova famiglia sarà la pittura. Per realizzare ogni quadro, parte da un disegno che riporta ingrandito sulla tela. È un lavoro allegro, condiviso con il marito che talvolta l’aiuta con un piccolo pantografo di legno. Fino al 1974 realizza molti dipinti che sottopone a Raffaele Monti, importante critico d’arte e professore dell’Università di Pisa: all’inizio lui non le dà un bel giudizio definendoli un po' dilettanteschi (i "domenicali"), ma poi con il tempo comincia a aprezzarne l'originalità. Preoccupata per l’esecuzione non perfetta, il critico la rassicura che i quadri non devono essere perfetti: «Magari sapessi farli io così!», le dice alla fine, conquistato. Nel giugno del 1973 Belluzza partecipa con alcuni quadri alla Sesta Mostra ai Frati, Primo premio internazionale NAÏFS, organizzata da Vittorio Grotti nel Convento di S. Lazzaro a Camaiore, «una delle più importanti e imponenti mostre del genere mai organizzate in Italia» e in quell'occasione vende il piccolo quadro Coppia al Duomo. Sempre nel 1973, a dicembre, partecipa alla mostra “Befana d’Oro” organizzata dalla Galleria Apuania a Marina di Carrara, dove vende un altro quadro. Nel 1974 candida Bambini con pattini al Premio Nazionale dei Naïfs Italiani di Luzzara, VIII Rassegna: il dipinto viene ammesso anche se Cesare Zavattini, il fondatore del premio, lo aveva giudicato non proprio Naïf. Da Zavattini riceve un importante riconoscimento in una lettera dove la definisce "non Naïf, ma maestra nel suo genere". Dal 1975 al 1979, Belluzza partecipa quasi ogni anno alle rassegne di Luzzara con i suoi quadri, sempre ammessi. Due di essi, Campo di concentramento, (1975) e Caffè al Mare (1979) vengono acquistati dal Museo e fanno oggi parte del Centro Culturale Zavattini. Il quadro esposto a Luzzara nel 1975 Bambina e donna al mare viene comprato dal fotografo e maestro Gianni Berengo Gardin ed è presente in una sua foto in bianco e nero.

Gianni Berengo Gardin nel suo studio con il quadro di Belluzza alla parete (2020).

La scuola di Belle arti in Brasile
Dal 1977 al 1979 Belluzza risiede in Brasile al seguito del marito invitato come professore di Fisica alla Universidade de São Paulo. In questo periodo, frequenta la Escola de Belas Artes presso la Fundação Armando Alvares Penteado. Sottopone un suo album di disegni al giudizio di Pietro Maria Brandi (1900-1999), fondatore e curatore del MASP Museu de Arte de São Paulo, il più importante museo di arte dell’America Latina. Brandi regisce con entusiasmo giudicando i disegni degni di una mostra. Pur con questi stimoli, alcuni problemi di salute e di adattamento della bambina, un certo isolamento e la mancanza di uno spazio adatto le impediscono di dipingere. Ritornata in Italia nel 1979, riprende la sua vita normale e dipinge numerosi quadri. Belluzza ha un'intensa vita sociale. Ama organizzare feste divertenti, con tante persone che riempiono le grandi sale dell'appartamento di Palazzo Kinsky Dal Borgo. È divertente, dotata di una brillante capacità di conversazione. Tra i suoi tanti amici, il pittore Pino Biggi. Finché nel 1981 un grave incidente di automobile (la sua auto viene tamponata da un camion) la costringe a interrompere per molti anni ogni attività. Solo dopo il 1993 riprende a dipingere in un nuovo appartamento, dove però, non potendo più usare l’essenza di trementina, decide di passare ai colori acrilici.

Acrilico su tela, 1995

Gli altimi anni: il voto e l'Ipad
Nel 1996 per una persona cara decide di offrire un voto religioso di non dipingere più e di non partecipare più a mostre, interrompendo definitivamente la sua carriera artistica. Negli ultimi anni sopraggiunge il Parkinson che, sommato ai gravi postumi dell’incidente automobilistico, non le permette più di uscire. Per una caduta nel febbraio del 2023 si rompe un femore e da allora non riesce più a camminare. Costretta a letto, la sua fantasia è però sempre vivacissima, così come acutissime sono la sua memoria e la creatività. Comincia così a fare nel suo Ipad disegni sempre originalissimi con il suo riconoscibile stile. Lascia tanti pensieri su facebook. Lascia questo mondo il 24 maggio 2023, nove giorni dopo aver festeggiato nel suo letto di inferma i suoi 80 anni con il suo voto domiciliare alle elezioni amministrative della sua amata Pisa. Parecchi suoi quadri sono andati venduti e dispersi. 
Poche settimane prima di andarsene scrive questa poesia:
Mi chiamo fiorellino, sono una sotto specie della margheritina vulgaris, cresco sotto i castagni, ora la mia testa pende sempre, sono stanca, ho lavorato sempre, allevato molti fiorellini, nessuno mi guarda più, apprezzano le piccole margherite coi petali lucidi e pieni di rugiada, mi nascondo avvilita ☹️ dietro a un ciclamino, i giorni passano, il prato si riempie di malva, fragoline selvatiche, minuscole orchidee spontanee, uno guarda l’altro, l’altro guarda l’una, ma nessun 🌺 o rosa 🌹 si accorge di Fiorellino, un tempo Regina del Prato, giocano tra loro, si mandano baci 💋 di soffioni dorati, passa il tempo, passa il mese, passano gli anni. Fiorellino non alza più la bellissima corolla ormai ingiallita, un sussurro sussulta nel bosco, la bella signora dei fiorì sta morendo, senza rivedere il grande Papavero rosso, il bosco piange: bisogna avvisare il grande Papavero o il loro sangue 🩸 sporcherà il prato, anche papavero è lontano, stanco di tanto lottare, ma vuole vuole vuole parlare a Fiorellino aprire i petali ormai chiusi e mostrare il suo cuore 💔 intrecciare le mani e guardare la luna tra i rami, e cosi la mattina li trovano, le piccole teste unite finalmente felici 😀
    Che farà il Signore del Campo?

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